mercoledì 15 aprile 2015

RACCONTO DI NATALE ... FUORISTAGIONE

Natalino era arrivato alla libreria Sognalibro in un giorno d’inverno. Non un inverno qualsiasi, ma un tipico inverno del Borgo, bianco e rigido come solo ai piedi delle Alpi li puoi gustare (se ti piace l'inverno, ovviamente).

A Natalino piaceva. Era abituato agli inverni passati dietro alla finestra, scaldato dal legno che crepitava nella stufa, allietato dal conforto di tisane, cioccolate. Amava vivacizzarlo con gli agguati ai gomitoli di lana di Manuela, che preparava coperte e maglioni in quantità, per scaldare più cuori possibili. Aveva dimenticato di prepararne qualcuna in più per se stessa e così, forse per un colpo di freddo, il suo cuore aveva smesso di battere. Per un giorno intero nessuno se n'era accorto, a parte Natalino. All'inizio aveva creduto che si fosse addormentata, ma Manu era una persona troppo precisa e dignitosa per lasciarsi scivolare nel sonno, così, sul divano, seduta. Aveva capito subito che qualcosa non andava e aveva sperato che arrivassero i figli o i nipoti della sua adorata padrona a sistemare tutto, ma non era il giorno giusto per le visite. Così aveva cominciato a miagolare, a grattare la porta per farsi sentire. Alla fine uno dei vicini, infastidito da tutto quel rumore, aveva cercato Manuela al telefono per intimarle di «zittire quel gattaccio». Allarmato dal suo silenzio, aveva chiamato i soccorsi. In poco tempo avevano chiuso Manu in una scatola di legno e l'avevano portata via. Voleva seguirli, capire cosa stavano facendo di lei, ma lo avevano chiuso in casa. In un attimo era rimasto solo.



Quando i figli e i nipoti erano tornati avevano disposto come sistemare ogni singolo pezzo di vita di Manuela, tranne lui. Di Natalino non sapevano che farsene. Gianni, il nipotino di Manuela, continuava a ripetere: «Non possiamo abbandonare Natalino. Fa freddo fuori! Portiamolo con noi». «Gianni è un gatto, abituato a stare con la nonna e in questa casa, non starebbe bene da noi. Starà molto meglio a gironzolare in giro per la città. Pensa che bello: potrà andare dove gli pare!». Gianni non si era fatto convincere da questa storia ma le sue proteste non avevano sortito alcun effetto sui suoi genitori. Troppo presi dai loro rispettivi lavori non avrebbero avuto tempo per Natalino, una volta che fosse diventato parte della loro famiglia.


E così in un lampo si era ritrovato in strada, senza un'idea precisa di cosa fare. Aveva miagolato per un tempo che era sembrato un'eternità, con l'intento di farsi riaprire la porta di casa, ma aveva ottenuto il risultato opposto: uno dei condomini l'aveva cacciato, inseguendolo e minacciandolo con dei sassi.

Tra la paura e il dolore, si era allontanato di gran carriera dal palazzo che un tempo era stata la sua casa.

Neanche una lacrima: era un gatto, non si poteva permettere di perdere la sua dignità, come fanno i cani quando guaiscono. Eppure sentiva così tanta tristezza salire ai suoi occhi!

Un passo dietro l'altro si avviò verso un futuro incerto. Si avvicinava a tutte le porte e le finestre per cercare un po' di calore, con la speranza di trovare uno di quei cuori che le coperte di Manuela avevano riscaldato. Era certo che fossero coperte magiche, capaci di sciogliere anche il gelo più profondo e di far riaffiorare il buono dell'animo umano.

Le ultime esperienze avevano insegnato a Natalino che non ci si poteva fidare di tutti gli umani. Così aveva imparato, non più a cercare la loro compagnia, ma la vicinanza al calore delle loro case. Si acquattava fino ad assomigliare a quei paraspifferi a forma di salame, contro vetri e finestre, cercando di passare inosservato. Non sempre andava bene, ma la maggior parte delle volte riusciva ad evitare di essere notato e a godere di un po' del tepore che usciva dalle case.



Ogni tanto aveva provato ad avvicinarsi a qualche umano, che gli pareva più disponibile, ma sempre era stato allontanato o ignorato. Un rifiuto dopo l'altro era stato affrontato con spirito fiero, da vero gatto, ma dentro la quantità di lacrime era cresciuta a dismisura. Ogni diniego scatenava in lui un piccolo acquazzone di tristezza, gelosamente nascosto. Alla fine quelle piccole goccioline salate erano diventate così tante che il suo occhio destro non ce l'aveva fatta e si era gonfiato. Ora nessuno avrebbe voluto un gatto così.


Ormai era passato un po' di tempo da quando il cuore di Manuela si era raffreddato. Il Natale aveva acceso la città di luci multicolori. Natalino sentiva nascere in lui un motto di felicità. Ricordava ancora il suo primo Natale con la signora affettuosa che si era presa cura di lui per tutti quegli anni. Era un giovane gatto timido e impaurito, ai quei tempi. Lei aveva saputo rispettare la sua diffidenza fino a conquistarlo. Cioccolata calda dopo cioccolata calda erano diventati amici e avevano potuto passare a conversazioni interspecifiche fatte di sguardi, carezze e fusa, allietate da tisane e biscotti alla cannella. Il ricordo era così vivo che gli pareva quasi di poter ancora sentire il dolce e caldo contatto di Manuela affondare nel suo pelo grigio.


Una ventata di freddo lo riportò alla triste realtà del momento, ma con spirito fiero, da vero gatto proseguì il suo cammino fino a quando incontrò la porta più calda che avesse mai sentito. Era in vetro e la cosa lo stupì moltissimo. «Le finestre non emanano mai tutto questo calore», osservò, vagliando tutte le possibilità di questa stranezza. Eppure quella era una porta, non c'era dubbio. Arrivava fino a terra, doveva esserlo per forza. Era per lo più in vetro e lasciava intravedere degli oggetti molto particolari. Ricordava di averne visti anche a casa di Manuela e lei gli aveva confidato, abbassando la voce, in gran segreto: «Questi, Natalino, sono i miei tesori. Sono pieni di parole preziose». Lui non è che avesse capito perfettamente cosa volesse dire. Di certo non voleva deluderla così l'aveva guardata con aria solenne e complice, proprio come si dovrebbe comportare chi riceve un grandissimo segreto. «Questo posto, quindi, è pieno di tesori», pensò «forse per questo è così caldo». Fu il suo ultimo pensiero, prima di piombare in un sonno profondissimo, tipico dei gatti esausti come il povero Natalino.


Fu così che lo trovò Stefania, la proprietaria della libreria Sognalibro. Ancora rannicchiato di fronte alla porta e profondamente addormentato. «Che gatto strano! Di solito schizzano via appena ti avvicini». Solo quando aprì la porta Natalino si risvegliò e la guardò con occhi terrorizzati. Allora il cuore gentile di Stefania, lasciò aperta la porta per un po', incurante del freddo, per dare al gatto la possibilità di entrare e di accertarsi che non ci fossero pericoli. Lui non ci mise tanto ad ambientarsi, in quello scrigno di tesori. Era caldo, confortevole, fantastico!! Stefania sembrava conoscerlo, perché l'aveva subito chiamato con il suo nome, aggiungendo una simpatica abbreviazione: Nat.

Non ci pensò proprio che fosse normale averlo chiamato con il nome della festività a cui tutta la comunità si stava preparando. Era un po' egocentrico il nostro Natalino o forse soltanto disperatamente bisognoso di sentirsi amato.

Si era lasciato convincere facilmente ad entrare in questo splendido posto, ma restava pur sempre un gatto, doveva mantenere un po' di dignità felina. Così osservò Stefania a distanza per quasi tutto il giorno, studiando ogni sua mossa. «Sì dai, le concederò una settimana di prova», pensò, memore di tutti i rifiuti e i maltrattamenti che aveva ricevuto dagli umani. Non fu così. Il tempo che aveva deciso di concedere a Stefania per offrirle la sua fiducia terminò alle 19:30 esatte di quel pomeriggio, quando, chiuso il negozio, lei decise di restare lì, con lui, almeno per quella notte e tirò fuori una delle coperte di Manuela. Adesso tutto quadrava nella testa di Nat. Ecco perché aveva sentito quella porta così calda: era la magia che Manuela aveva messo nelle sue coperte che manteneva il cuore di Stefania caldo e aperto al mondo, come la sua porta. «Non mi resta che adottarla» decise Nat, con la sua fierezza felina un pochino incrinata dalla commozione. Si accoccolò accanto alla sua nuova padrona e piombò in un profondo sonno ristoratore.

Nessun commento:

Posta un commento